Fine (ma forse no)
Various
Librería: Libreria Studio Bosazzi, Firenze, FI, Italia
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a cura di Dominique Budor, Paola Casella, Bart Van den Bossche. Fabrizio Serra, 2016, pp. 184 (fascicolo monografico di «Pirandelliana», 9, 2015) -- «Non conclude»: l'aforisma pirandelliano che serve da titolo all'ultimo capitolo di Uno, nessuno e centomila ricorre in maniera ossessiva negli scritti dell'autore, al punto da essere diventato, a livello della percezione culturale media, una specie di banale e logoro riassunto del suo pensiero. La lettura in senso relativistico e panteistico di questa affermazione del protagonista del romanzo, Vitangelo Moscarda, non deve però far dimenticare ch'essa esprime soprattutto l'angoscia del momento in cui cessa il fluire del tempo, del movimento, della mutabilità di ogni cosa, della vita: in altre parole, l'angoscia della morte. Senza assimilare piattamente il personaggio all'autore, molti segni testuali nelle opere e numerosi dati biografici, attestati nei diversi epistolari, consentono nondimeno di affermare che Vitangelo Moscardo è una proiezione virtuale dello scrittore, una parziale e provvisoria figurazione dell'io autoriale nelle vesti di un personaggio che ribadisce l'orrore della casa, della tomba, della parola scritta, insomma di tutte le forme fisse (materiali o verbali che siano) e conferma la necessità vitale del provvisorio e del dinamico. Per Pirandello autore, l'atto di scrivere costituisce un'attività vitale che rappresenta il solo mezzo valido per lottare contro l'angoscia della morte. È quindi la carica vitale dello scrivere a imporre alla scrittura la necessità di non arrestarsi. Eppure, anche a Pirandello si impone l'obbligo di finire. Se l'atto di scrivere può continuare fin quando lo scrittore ne ha la volontà e / o la forza, nondimeno questa dinamica deve inevitabilmente arrestarsi quando lo scrittore intende concretizzare quel rapporto dialogico e comunicare con un lettore o uno spettatore reale. La problematica pirandelliana, ben evidenziata dai saggi contenuti nel volume, si può dunque schematicamente riassumere in un paradosso: dare un termine materiale al testo scritto ma non arrestare il significato, perché l'autore possa mantenere aperte e possibili tutte le scritture alternative e rinnovate di questo testo, pur sapendo di doversi confrontare con un lettore o uno spettatore desideroso di una fine conclusiva. Il progetto di questo numero monografico di «Pirandelliana» nasce quindi dalla congiunzione di tre diversi dati critici che delineano un campo scientifico particolare: la peculiarità di questa doppia e quasi antitetica esigenza dello scrittore di finire senza concludere, l'uso troppo impreciso che spesso viene fatto dalla critica della locuzione-chiave «Non conclude» e, infine, l'esistenza di un campo teorico sull'argomento della fine ormai ben circoscritto e definito. Sommario: Avvertenza bibliografica. Tavola delle sigle. Dominique Budor, Paola Casella, Bart Van den Bossche, Finire e non concludere. Saggi: Dominique Budor, Scrivere la fine: perché, come, per chi?; Alberto Godioli, «Sciogliermi da tutto». Forme del distacco nei finali delle Novelle per un anno; Fulvio Senardi, L'arte di concludere. Strutturazione dell'epilogo nei romanzi di Pirandello; Michael Rössner, Knock-out o vittoria ai punti? Modalità della fine nelle novelle lunghe e brevi di Luigi Pirandello; Bart Van den Bossche, Ultime parole anonime. Anonimia, narratività e retorica negli epiloghi delle novelle. All'incrocio delle arti: Marinella Cantelmo, Nevralgie della fine. La narrazione va in scena; Roberto Alonge, I finali perturbanti dei registi pirandelliani. Testi e immagini: Ivan Pupo, Fantasmi della fine in alcune novelle dell'ultimo Pirandello (tra filologia ed ermeneutica). Rassegna: Béatrice Istria, La fine: un oggetto scientifico e pirandelliano. Bibliografia ragionata. Abstracts. Profili degli autori. N° de ref. del artículo ca2666
Detalles bibliográficos
Título: Fine (ma forse no)
Encuadernación: Brossura
Condición: nuovo
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