Nel 1974 Philippe Ariès, uno dei maggiori storici francesi del XX secolo, pubblica per la prima volta uno studio epocale sull’atteggiamento degli esseri umani nei confronti dell’argomento più affascinante e spaventoso dell’esistenza: la morte. In un’indagine documentata e illuminante, l’autore mostra non solo come il rapporto con la morte sia cambiato nel corso delle epoche, ma anche quanto esso rispecchi l’approccio di una certa società verso la vita. Attraverso lo studio di testi letterari, documenti, iscrizioni tombali e testamenti, Ariès inizia la propria analisi dal Medioevo, quando l’intera esistenza era vista come una lunga preparazione alla fine. L’autore ripercorre poi l’età barocca e la rivoluzione industriale e – soffermandosi sulle trasformazioni dei comportamenti individuali e collettivi davanti alla morte – mostra come essa sia diventata proprio nella nostra società tecnologica un tabù che si preferisce allontanare e negare: la morte fa paura perché non possiamo evitarla, perché siamo soli di fronte ad essa e perché in fondo non riusciamo ad accettare l’impossibilità di essere immortali. Ma la sapiente analisi di Ariès permette di portare alla luce il fascino e il significato profondo di un evento che, tra timore e mistero, è ciò che dà senso all’esistere.
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