Reseña del editor:
È Luciano Fioravanti, luogotenente di Domenico Menico Tiburzi, uno dei più popolari briganti della Maremma, a raccontarci in prima persona la vita e la storia di questo leggendario personaggio che ha animato quei territori alla fine dell'8oo. Terrore degli sbirri, amato dai poveri e dagli oppressi, in queste pagine appassionanti è raccontato attraverso uno spaccato di vita a metà strada tra realtà e finzione romanzesca. Così Alessandro Angeli riscatta una storia turbolenta e inquieta, la tramanda affinché non sia dimenticata. Ci sono molti lati misteriosi nella vita del protagonista e la vicenda legata alla sua morte resta un punto oscuro che ha poi incrementato la leggenda di una ricca tradizione popolare fondata sulle sue gesta e sulle sue avventure. Resta un senso di profonda amarezza nel vedere questo eroe dei vinti con il cervello spappolato. Neppure Fioravanti ci racconta esattamente come si sono svolti i fatti durante una sparatoria presso la casa colonica "Le Forane" nei pressi di Capalbio, dove Menico ha perso la vita.
Críticas:
Ci sono molti punti oscuri nella morte di Domenico Tiburzi, detto Menico o Domenichino, il leggendario brigante della Maremma, ma nella finzione romanzesca il racconto della vita e della morte dell'eroe popolare non illumina i molti dubbi su come realmente si svolse il conflitto finale tra le forze dell'ordine e il bandito. Si sa per certo che il cervello del Tiburzi era così spappolato che inutilmente approdò sul tavolo autoptico del Lombroso. Neppure Luciano Fioravanti, il giovane luogotenente del Tiburzi, cui l'autore del romanzo affida la funzione di narratore-testimone, e che assistette alla morte di Menico, ci dice con esattezza come andarono le cose in quell'Ok Corral della casa colonica "Le Forane" nei pressi di Capalbio. Domenichino era un delinquente per la sbirraglia, un eroe per il popolo della fame. Dai grandi proprietari pretendeva la "tassa del brigantaggio" e in cambio garantiva protezione. Egli distingueva bene la legge dalla giustizia e in quell'epoca la legge la facevano i Savoia. La lingua dei fossi (miseria e orgoglio di un fuorilegge) è la storia in forma di ballata di questo Robin Hood della Maremma che fino alla morte combatté un'ininterrotta battaglia contro tutte le ingiustizie.
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