Scritte tra il 1955 e il luglio del 1960 e pubblicate per la prima volta nel 1961, le poesie di "La religione del mio tempo" raccontano in versi un'intera società in fermento. Usando la frusta quando lo ritiene necessario, Pasolini non retrocede di fronte a nulla e utilizza ogni possibile materiale argomentativo: da quello metafisico a quello polemico, dal giornalistico al profetico, proponendo schemi e ideologie che - come spiegherà sul settimanale "Vie nuove" - "non sono solo opinioni politiche, ma sono, insieme, poetiche; hanno cioè subito quella trasformazione radicale di qualità che è il processo stilistico". In questa raccolta Pasolini riesce così a mettere poeticamente in azione tutta la sua incontenibile passione civile, un'insaziabile fame di vita e un irresistibile desiderio di capire e sentire. Prefazione di Franco Marcoaldi.
«Rileggendo "La religione del mio tempo", l'impressione è quella di un grande poeta che abbia posto il tema dei limiti della poesia verso la vita, in un mondo che non sa più che farsene né della poesia né dei poeti. Pasolini, scegliendo la compromissione con la realtà, si è tenuto al corpo vivo della propria singolarità, narrandone l'urto con la storia. Ha rifiutato il privilegio lirico, mettendosi in discussione come singolo anonimo e comune, prendendo su di sé, insieme alla grazia e a una squisitezza che possedeva d'elezione, tutta la nostra storica miseria individuale e di popolo. Ha deluso, è andato in una direzione contraria alla politica e alla cultura istituite e d'opposizione» (dalla Prefazione di Gianni D'Elia).
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